Dal 12 settembre 2015, il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della Città di Lugano sono riuniti in una nuova istituzione: il Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI Lugano) inaugurato in tale data insieme al nuovo centro culturale LAC.

 

Presentiamo qui di seguito le pubblicazioni ancora disponibili e i cataloghi delle mostre organizzate prima dell’istituzione del MASI.

 

 

 

2015. Renzo Ferrari. Visioni nomadi. Visions nomades

La mostra antologica dedicata all’opera di Renzo Ferrari rintraccia l’intero percorso creativo dell’artista, dagli esordi alla fine degli anni cinquanta, fino ai giorni nostri. A cura di Antonia Nessi e Cristina Sonderegger, l’esposizione è stata realizzata in collaborazione con il Musée d’Art et d’Histoire di Neuchâtel dove si è svolta la prima tappa. Al Museo Cantonale d’Arte essa è allestita su tre piani e presenta circa 170 opere dell’artista. Scandita in sette sezioni cronologico-tematiche, essa invita lo spettatore ad immergersi nell’universo espressivo di Ferrari mediante la messa in dialogo delle diverse tecniche con le quali egli si è confrontato. La pittura, il disegno, l’incisione, i meta-linguaggi quali il collage, ma anche assemblaggi di oggetti trovati sono posti a confronto in un rapporto a-gerarchico con l’obiettivo di mostrare la ricchezza della produzione artistica di Ferrari.

2014. Flavio Paolucci. Dai sentieri nascosti 1889-2013

Proseguendo nel suo impegno per la valorizzazione e la divulgazione dell’opera dei più significativi esponenti dell’arte ticinese del nostro tempo, il Museo Cantonale d’Arte torna a proporre al pubblico una mostra di Flavio Paolucci, a distanza di venticinque anni dalla grande personale che gli aveva dedicato nel 1988. Realizzata in occasione degli ottant’anni dell’artista, nato a Torre nel 1934, la mostra che si compone in gran parte di opere scultoree, dispiega sui tre piani del museo un percorso che illustra ampiamente gli sviluppi del suo lavoro dal 1989 ad oggi, rappresentando una prosecuzione ideale della mostra precedente. Senza avere ambizioni antologiche, l’esposizione, curata da Elio Schenini, si propone di offrire uno sguardo panoramico su un periodo estremamente vitale e ancora in corso, ricco di sviluppi formali ed estetici che vengono ad arricchire di nuove invenzioni e intuizioni spesso folgoranti un corpus già ampissimo, ma sempre estremamente coerente.

2014. TI-CH. Arte svizzera nelle acquisizioni del Museo Cantonale d’Arte 

Obiettivo primario della mostra è quello di documentare gli sviluppi della collezione e le dinamiche che presiedono alle acquisizioni, mettendo in luce i nessi esistenti con l’attività espositiva. Attraverso un gruppo di acquisizioni che si estende su un arco temporale sufficientemente lungo è infatti possibile rendere visibile una delle linee di sviluppo principali, quella relativa all’arte svizzera contemporanea, attorno alla quale si è proceduto nel corso degli anni all’accrescimento della collezione. Tra i compiti essenziali affidati al Museo Cantonale d’Arte fin dalla sua inaugurazione nel 1987, vi è infatti anche quello di documentare e promuovere la realtà artistica ticinese contemporanea all’interno del contesto più ampio dell’arte svizzera. Un compito che il Museo ha svolto non solo attraverso una serie di mostre e iniziative puntuali, ma anche attraverso l’incremento della propria raccolta secondo una logica lontana da ogni ripiegamento autoreferenziale, ma che punta a favorire l’attiva integrazione della realtà artistica ticinese all’interno del sistema dell’arte svizzera.

2014. Samoa Rémy. Division leads to multiplication

Premio Manor Ticino 2014. Nata a Mendrisio nel 1974 e attualmente attiva tra Oslo e Zurigo, l’artista si è fatta conoscere negli ultimi anni per le sue ampie installazioni, all’interno delle quali mette in dialogo elementi iconografici apparentemente disparati –stampe, disegni, illustrazioni scientifiche, fotografie -, che sulla base di analogie formali o concettuali vengono accostati per dare vita a nuove catene significanti. La sua ricerca, che si sviluppa a partire dalla pratica del disegno e dell’incisione, riesce a rendere di nuovo attuali dei frammenti di quell’immenso repertorio iconografico che la storia ha lasciato dietro di sé, aprendoli alla possibilità di interpretazioni inconsuete e sorprendenti.

2014. Gerusalemme fotografata. Immagini dell`archivio dell`École biblique et archéologique française di Gerusalemme 1870-1935

Mostra dedicata alla straordinaria collezione della fototeca dell’École biblique et archéologique française di Gerusalemme. Fondata nel 1890 dal padre domenicano Marie-Joseph Lagrange, la scuola è il primo istituto di ricerca biblica e archeologica insediatosi in maniera permanente in Terrasanta.

2014. Una Szeemann & Bohdan Stehlik. Quello che non è, non è quello che / Dann immer erst, immer erst dann

Affacciatisi individualmente sulla scena artistica agli inizi degli anni duemila, Una Szeemann (Locarno, 1976) e Bohdan Stehlik (Karlovy Vary, 1973) hanno iniziato a lavorare in coppia a partire dal 2006, indagando con una varietà di linguaggi – dal video alla fotografia, dalla scultura alle installazioni – il confine quasi sempre impercettibile che separa realtà e apparenza, verità e illusione. I meccanismi spesso ingannevoli della percezione e il rapporto non sempre lineare tra la realtà e le nostre rappresentazioni sono alcuni dei temi principali affrontati nelle opere realizzate in comune dai due artisti, che nel 2010, in occasione dell’ultima edizione della rassegna ‘Che c’è di nuovo? Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino’, si sono visti assegnare il Premio Migros Ticino per l’incoraggiamento alla creazione artistica.

2014. Mario Marioni. Disegni e incisioni dal lascito al Museo Cantonale d’Arte 1940-1976

Nell’ambito del programma dedicato allo studio e alla valorizzazione della collezione permanente, il Museo Cantonale d’Arte presenta quest’anno una mostra sull’opera grafica di Mario Marioni (1910–1987), del quale il museo conserva un nucleo particolarmente ampio di opere provenienti dallo studio dell’artista stesso.
Nato a Milano, dove il padre Federico, originario di Claro, era titolare di un atelier calcografico frequentato da molti artisti dell’epoca, Marioni si avvicina fin da giovanissimo all’arte e in particolare alle tecniche dell’incisione. Rientrato in patria nel 1943, in seguito alle vicende belliche, Marioni intreccia stretti rapporti con la realtà artistica e culturale locale, collaborando, a partire da quel momento, sia come scrittore che come illustratore, ad alcuni dei principali quotidiani ticinesi. La sua attività artistica che si estende su un arco cronologico che va dalla metà degli anni trenta alla metà degli anni settanta, quando gravi problemi visivi lo costringono ad abbandonarla, è contraddistinta, dopo gli esordi legati al clima del Novecento lombardo, da una vena espressionista e surreale. Negli anni sessanta, l’artista approda a una forma di astrazione lirica, come testimoniano anche alcuni dei dipinti che affiancano la produzione grafica all’interno del percorso espositivo.

2014. Bramantino. L’arte nuova del Rinascimento lombardo

Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (doc.1480–1530) è una figura di spicco della crisi culturale e del rinnovamento figurativo che hanno radicalmente trasformato il linguaggio pittorico in Lombardia al momento del crollo della dinastia sforzesca e dell’occupazione francese tra la fine del Quattrocento e i primi vent’anni del secolo seguente. La mostra traccia il percorso dell’artista a partire dagli esordi, dalla collaborazione con l’architetto e pittore Donato Bramante da cui ha tratto il soprannome con il quale è noto ancora oggi fino alle ultime opere conosciute tra le quali la Fuga in Egitto custodita in Ticino, nel Santuario della Madonna del Sasso a Orselina.

2014. Annaïk Lou Pitteloud. Esercizio sullo stato attuale. Exercise in the Present State

Nata a Losanna nel 1980, ma da alcuni anni residente in Belgio, l’artista si è imposta all’attenzione nella seconda metà degli anni duemila per i suoi lavori fotografici e video che, sospesi ambiguamente tra finzione e documentazione, indagavano il ruolo essenziale che svolgono questi media nel determinare il nostro rapporto con la realtà e con il contesto sociale. Per questa mostra l’artista ha immaginato una grande installazione ambientale dal titolo Esercizio sullo stato attuale che ha trasformato gli spazi dell’Ala Est in quello di un classico white cube. All’interno di questo spazi l’artista ha disegnata con del nastro adesivo una sorta di griglia geometrica, un diagramma tridimensionale che si sovrappone allo spazio espositivo e lo include. Un’installazione che nel suo rigore minimalistico richiama, abbastanza esplicitamente, le soluzioni formali del concettualismo degli anni sessanta e settanta.

2013. Mariapia Borgnini. Enoisullillusione

Nell’ambito del programma espositivo che documenta la ricerca delle figure più significative del panorama artistico ticinese contemporaneo, il Museo Cantonale d’Arte ospita una mostra dedicata a Mariapia Borgnini (Bellinzona, 1952). A tredici anni di distanza dalla presentazione dell’opera Eclissi negli spazi dell’Ala Est, l’artista propone in questa occasione un percorso articolato in installazioni, immagini foto grafi che, video, oggetti, disegni ed elementi sonori che crea rimandi incrociati e relazioni che si configurano nello spazio come un gioco di echi diverse, come un insieme di tracce capaci di attivare suggestioni e porre interrogativi sulle nostre modalità di relazione con la realtà. Il titolo stesso della mostra Enoisullillusione – una frase palindromo, ovvero leggibile indifferentemente da sinistra a destra o viceversa – pone in risalto l’ambiguità della relazione che ogni individuo instaura con il mondo esterno. La percezione del proprio corpo, l’incessante esprimersi nel fare, l’irrinunciabile uso del linguaggio rappresentano i tre temi attorno a cui si dispiega la mostra.

2013. Angelo Monotti. Fotografo ticinese dell’Ottocento

Angelo Monotti (Cavigliano, 1835–1915) costituisce una delle figure più interessanti tra quelle dei pionieri della fotografia in Ticino, come già aveva evidenziato nel 1987 la mostra Il Ticino e i suoi fotografi. L’esposizione è frutto di una proficua collaborazione fra il museo e l’Archivio di Stato del Cantone Ticino, istituto presso il quale sono conservate 396 stampe originali e 237 negativi su lastra di vetro di Monotti: un patrimonio eccezionale, per quantità e qualità.

2013. Piritta Martikainen. Present Light

Nell’ambito della programmazione dedicata alla scena artistica svizzera più attuale il Museo Cantonale d’Arte propone una mostra di Piritta Martikainen (1978), artista nata a Kuopio in Finlandia, ma ormai da oltre dieci anni residente in Ticino. Attiva nell’ambito della fotografia e del video Piritta Martikainen si dedica, a partire dal 2002, a una ricerca al cui centro vi sono alcuni temi fondamentali quali il rapporto tra l’uomo e la natura, l’identità individuale, indagata sia nella sua dimensione sociale che in quella biografica ed esistenziale, e la memoria, intesa come un grande archivio iconografico in cui si depositano le immagini del nostro passaggio nel tempo. Le sue fotografie si caratterizzano spesso per la morbidezza della luce e per un effetto di sfumato che richiamano immediatamente la duttilità della materia pittorica.

2013. La realtà non è un luogo comune. Fotografie e video dalla collezione d’arte della Julius Baer

In questi ultimi anni, il realismo, dopo decenni di oblio e di ostracismo, è tornato improvvisamente d’attualità. A determinare quest’attualità ha concorso indubbiamente anche la grave crisi economia che il crollo delle spericolate architetture finanziarie elaborate a partire dagli anni novanta ha innescato. Col diffondersi della crisi, la realtà, con tutta la sua durezza e la sua resistenza a piegarsi ai nostri sogni o desideri, ha ripreso, dunque, a bussare prepotentemente alle porte dell’Europa. Così, ad esempio, mentre all’interno del dibattito politico ed economico si è tornati finalmente a parlare di economia reale, nel campo dell’informazione, l’avvento dei social network ha favorito la diffusione del fact checking, una pratica collettiva, attraverso la quale le notizie diffuse dai media vengono sistematicamente messe alla prova dei fatti. Questa necessità di un ritorno al reale non poteva ovviamente non sfociare in una teorizzazione filosofica: con il suo Manifesto del nuovo realismo, che si contrappone alla vulgata postmodernista secondo la quale ‘non ci sono fatti, ma solo interpretazioni’, Maurizio Ferraris ha dato avvio lo scorso anno a un dibattito che ha coinvolto molti filosofi e intellettuali e che continua a trovare ampio spazio nelle pagine culturali dei principali quotidiani e periodici italiani.

2013. Marianne Engel. Jackalope

Animale fantastico presente nel folklore americano, ma le cui origini sono rintracciabili nella cultura mitteleuropea, dove è conosciuto sotto diversi nomi da Rasselbock a Wolpertinger, il Jackalope è un coniglio dotato di corna, il cui nome inglese deriva dalla fusione di jackrabbit (lepre) e antelope (antilope). Rappresentato in genere come un coniglio dal cui capo spuntano corna simili a quelle di un’antilope o di un capriolo, il Jackalope, a differenza di altri animali che popolano l’immaginario, non è però frutto di pura invenzione fantastica, ma è piuttosto la rappresentazione di un fenomeno reale in un contesto storico nel quale non esisteva ancora la fotografia e in cui l’indagine scientifica era ancora approssimativa. Esiste infatti una rara forma di papilloma virus che affligge conigli e lepri e che porta alla formazione di protuberanze, simili a delle corna, sul collo e sul capo degli animali che ne sono affetti.

2012. Pascal Schwaighofer. Opoyaz

Premio Manor Ticino. Giunto quest’anno alla sua quarta edizione, il premio è stato assegnato a Pascal Schwaighofer (1976), artista ticinese, attualmente residente a Rotterdam, la cui ricerca, che si sviluppa in ambito installativo e scultoreo, riflette su quell’inestricabile intreccio di natura e cultura che costituisce la polarità attorno alla quale si costruisce la nostra esperienza del mondo. La mostra propone una serie di lavori recenti, realizzati dall’artista espressamente per questa occasione.

2012. Holzwege. Sentieri erranti. Arte svizzera dalla collezione della Mobiliare

Affidata alla gestione di un curatore e arricchita da acquisizioni annuali decise da un’apposita commissione artistica, la collezione della Mobiliare, collocata nelle sedi di Berna e Nyon, si è così venuta sviluppando negli ultimi trent’anni come una raccolta che documenta alcune delle tendenze che hanno caratterizzato l’arte svizzera dagli inizi Novecento ad oggi, con particolare attenzione alle esperienze degli ultimi decenni. A undici anni di distanza dalla mostra tenutasi al Kunstmuseum di Berna e dal catalogo realizzato in collaborazione con l’Istituto svizzero di studi d’arte, l’esposizione promossa dal Museo Cantonale d’Arte e curata da Elio Schenini, oltre ad offrire l’occasione per ammirare alcune opere storiche di questa collezione (da Ferdinand Hodler a Félix Vallotton, da Cuno Amiet a Meret Oppenheim, da Markus Raetz a Franz Gertsch), vuole presentare al pubblico un ampio panorama delle opere entrate nella raccolta a partire dal 2000, consentendo così allo spettatore di confrontarsi con gli sviluppi più recenti dell’arte contemporanea svizzera.

2012. Rolando Raggenbass. Retrospettiva. Retrospective

Pur riconoscendo l’importanza del pensiero nella ricerca di Raggenbass, l’esposizione, grazie alla quale, per la prima volta, è possibile ammirare tutte le diverse fasi che hanno caratterizzato il suo lavoro, intende però mettere al centro l’elemento visivo, seguendo un’indicazione dello stesso artista, per il quale infatti si dipinge ‘più con le ossessioni che con le idee’. La dimensione ‘filosofica’ dell’artista è comunque documentata all’interno del percorso espositivo da una selezione di scritti e taccuini, che proprio in questa occasione sono stati oggetto di uno studio i cui risultati sono raccolti in uno dei saggi pubblicati in catalogo.

2012. Una finestra sul mondo. Da Dürer a Mondrian e oltre. Sguardi attraverso la finestra dell arte dal Quattrocento ad oggi

L’esposizione intende analizzare il motivo della finestra nell’arte occidentale, inteso come soggetto iconografico, dispositivo prospettico e infine come metafora; una metafora multipla a partire dall’immagine dell’occhio. Tra fine Ottocento e inizio Novecento alcuni artisti come Odilon Redon, Gustave Caillebotte e Edouard Vuillard tematizzano il rapporto ‘interno­-esterno’ attraverso una visione non più frontale ma obliqua, quasi ad includere con­temporaneamente nello spazio pittorico una doppia realtà. La finestra, da strumento visivo e concettuale, da elemento di meta­rappresentazione, diviene soglia, confine di uno spazio, di un luogo insieme reale e illusorio. È, tuttavia, con le opere di Henri Matisse e di Pierre Bonnard che la finestra diventa lo strumento principale attraverso cui abolire la frontiera tra interno ed esterno.

2012. Vincent Kohler. Mezzo pieno – Mezzo vuoto

Nell’ambito del programma dedicato alle esperienze più attuali della scena artistica svizzera, curata da Elio Schenini, il Museo Cantonale d’Arte ospita la prima mostra personale a sud delle Alpi di Vincent Kohler. Nato a Losanna nel 1977, Vincent Kohler si è affermato negli ultimi anni come uno dei più apprezzati esponenti della giovane arte romanda, tanto da aver già all’attivo numerosi premi e riconoscimenti. Nel suo lavoro, per il quale si avvale di tecniche molto diverse – dalla pittura all’incisione, dalla scultura alle installazioni – l’artista mescola riferimenti molteplici in un’atmosfera ludica e leggera, che mira però sempre ad attivare la riflessione dello spettatore. Molto spesso nelle sue opere assistiamo al dialogo tra elementi provenienti dalla cultura alta con altri tratti dall’immaginario Pop. Per Vincent Kohler, la trivialità e la banalità del quotidiano rappresentano infatti degli elementi che opportunamente trasformati sono in grado di far scaturire un’esperienza nuova, di aprire nella realtà porte che ci conducono altrove, in un mondo fantasmagorico e poetico.

2011. Ivana Falconi. Mirabilia

Ironia e kitsch convivono nell’universo colorato e affollato di Ivana Falconi, artista ticinese che con spirito ludico trasforma gli oggetti del quotidiano in uno strumento con cui indagare, in maniera divertita e divertente, ma al contempo sottilmente critica, la realtà del nostro tempo. Ready made modificati, sculture, dipinti, collage, fotografie e video sono i molteplici linguaggi con cui l’artista ci propone un mondo dove il banale si capovolge in maschera grottesca o in narrazione fiabesca e dove gli oggetti che appartengono alla più scontata trivialità del quotidiano, sottoposti alle trasformazioni dell’artista, generano visioni nuove e sorprendenti. Ivana Falconi dà vita in questo modo a uno strano e curioso universo Pop, che, pur essendo apparentemente così familiare e consueto per il suo radicamento nel mondo della pubblicità e dei consumi, ci proietta quasi senza che ce ne accorgiamo in una dimensione fiabesca e surreale, dove le regole della quotidianità sembrano improvvisamente sovvertite.

2011. Gianfredo Camesi

Se si eccettua l’esposizione a Villa dei Cedri nel 2002, questa mostra, curata da Elio Schenini,costituisce la prima grande rassegna dedicata a Camesi in un’istituzione museale del suo cantone d’origine, proponendosi quindi come una sorta di omaggio ad una delle figure più importanti del panorama artistico ticinese della seconda metà del Novecento in occasione dei settant’anni dell’artista.

2011. Ruth e Giancarlo Moro. Opere 2006-2010

La mostra dedicata a Ruth e Giancarlo Moro presenta il lavoro di una coppia di artisti attivi in Ticino, che pur operando in modo autonomo l’uno rispetto all’altro, sviluppano il loro percorso creativo nel segno di una continuità del discorso pittorico. Ruth Moro non guarda alla natura per imitarla, ma se ne appropria letteralmente, trasformando foglie o frutti in materia primaria per i suoi dipinti. Attraverso un lungo e complesso processo di lavorazione, Ruth Moro elimina le parti molli delle foglie per svelarne la nervatura interna, anima o scheletro che assume valenze semantiche e strutturali nell’opera pittorica. Unite fra loro, le strutture vegetali formano un foglio che diviene la base per la realizzazione delle sue opere. In una fase precedente del suo percorso artistico, i fogli erano sospesi all’interno di una cassetta in plexiglas, una modalità di presentazione tesa a valorizzarne la struttura attraverso la trasparenza.

2011. Collezione Christian Stein. Una storia dell’arte italiana. A history of Italian Art

La Galleria Christian Stein fu fondata nel 1966 a Torino dove iniziò da subito a rappresentare, tra gli altri, quegli artisti che furono poi inscritti nella fortunata denominazione di Arte povera, formulata da Germano Celant. Aprì in seguito, negli anni ottanta, nuovi spazi a Milano e, per qualche stagione, a New York. In mostra sono presenti circa cento opere selezionate tra le molte, raramente esposte o, al contrario, cedute in seguito ai migliori musei del mondo. Cento opere che evocano e ripercorrono la storia della Collezione Stein, mitica narrazione di un momento irripetibile della storia culturale europea. L’esposizione propone monocromi di Manzoni e Lo Savio, sculture di Melotti, tagli di Fontana, una scultura di Colla, cementi armati di Uncini, ‘manifesti’ di una nuova radicalità, che narrano gli anni cinquanta e sessanta di una Italia intrisa di storia classica e, al contempo, immersa nella contemporaneità del dopoguerra e del boom economico.

2010. Gutai. Dipingere con il tempo e lo spazio. Painting with time and space

Il gruppo Gutai Bijutsu Kyokai (Gutai Art Association) si costituisce nel 1954 a Ashiya, tra Kobe e Osaka, su iniziativa del pittore Jiro Yoshihara unitamente a Shozo Shimamoto. Yoshihara rivestì il ruolo di fondatore carismatico del gruppo di giovani artisti composto da Akira Kanayama, Chiyu Uemae e Tsuruko Yamazaki a cui si unirono Sadamasa Motonaga, Saburo Murakami, Kazuo Shiraga, Fujiko Shiraga, Yasuo Sumi, Atsuko Tanaka e Michio Yoshihara. GUTAI sarà attivo per diciotto anni, fino al 1972, data della morte del maestro Jiro Yoshihara. La sua attività, che si estende nell’arco di 18 anni, ha influenzato l’arte internazionale del dopoguerra e anticipato fenomeni quali Fluxus, la performance e l’arte concettuale.

2010. Che c’è di nuovo?Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino. Terza rassegna triennale

Giunta alla terza edizione, la rassegna triennale ‘Che c’è di nuovo?’ è diventata ormai un appuntamento imprescindibile per tutti coloro che vogliono conoscere quanto viene prodotto nell’ambito della scena artistica emergente ticinese. L’esposizione, che presenta le opere di 15 artisti con meno di 40 anni, oltre ad offrire al pubblico ticinese una variegata panoramica della produzione artistica delle generazioni più giovani, si propone anche di favorire una miglior integrazione della realtà artistica locale nel contesto nazionale. Obiettivo primario della manifestazione è infatti quello di promuovere il lavoro degli artisti ticinesi al di fuori dei confini cantonali. Un impegno questo al quale il Museo Cantonale d’Arte si dedica da molti anni e che si traduce nell’ampio spazio riservato all’interno della programmazione espositiva all’arte contemporanea.

2010. Gianni Metalli. Opere nella Collezione del Museo Cantonale d’Arte

Nell’ambito del programma espositivo dedicato alla collezione permanente, il Museo Cantonale d’Arte ospita una mostra dell’artista ticinese Gianni Metalli (1930-2006). Il nucleo di opere di Gianni Metalli presente nella collezione del Museo, recentemente accresciutosi in maniera significativa grazie a una trentina tra dipinti e opere grafiche donate dalla vedova dell’artista, si presenta oggi come un insieme ampio e variegato, tale da poter offrire uno spaccato rappresentativo dell’intera produzione artistica di questa figura appartata e per certi aspetti controcorrente, ma che indubbiamente rappresenta una voce autentica e originale nel panorama artistico ticinese della seconda metà del Novecento.

2010. Luca Frei. The End of Summer

La mostra di Luca Frei presenta alcuni lavori recenti di questo artista nato a Lugano nel 1976 e da alcuni anni attivo in Svezia. Temi centrali della ricerca dell’artista sono l’architettura, il linguaggio e i modelli educativi, indagati in rapporto al ruolo fondamentale che essi rivestono nella costruzione dello spazio sociale in cui viviamo.

2009. Francis Bott. Opere dalla donazione

A oltre vent’anni dalla grande retrospettiva presentata a Villa Malpensata, il Museo Cantonale d’Arte propone una mostra dedicata all’opera di Francis Bott, artista nato a Francoforte nel 1904 che ha trascorso gli ultimi decenni della sua vita in Ticino, dove è morto nel 1998. All’origine di questo progetto espositivo vi è la decisione della vedova dell’artista, Dott.ssa Aida Bott, di donare al museo un insieme di un centinaio di dipinti e disegni che l’artista aveva sempre conservato presso di sé per destinarli a una collezione pubblica. La presentazione di questa donazione non è solo un’occasione per riscoprire uno dei protagonisti di una stagione in parte dimenticata della pittura europea, ma anche per ripercorrere, attraverso la singolarità del suo percorso biografico, le vicende drammatiche di un secolo, in cui molti artisti, cercando di conciliare riflessione estetica e impegno politico, hanno deciso di non sottrarsi alle scelte dolorose cui sono stati costretti dalle circostanze storiche.

2009. The Tower Bridge e altri racconti fotografici

Premio culturale Manor Ticino. L’esposizione ‘Non c’è memoria senza fantasma’ presenta al pubblico una serie di opere recenti di Matteo Terzaghi (Bellinzona, 1970) e Marco Zürcher (Mendrisio, 1969), artisti che collaborano dal 1992 e hanno al loro attivo numerose esposizioni in Svizzera e all’estero.

2009. Guardami. Il volto e lo sguardo nell’arte 1969-2009

L’esposizione ‘Guardami. Il volto e lo sguardo nell’arte 1969-2009’ esplora uno dei temi iconografici fondanti dell’arte occidentale: il volto. Attraverso circa 80 opere di oltre 40 artisti, si intende indagare la ricerca artistica internazionale degli ultimi quarant’anni valutando la persistenza della rappresentazione del volto, le sue alterazioni e trasformazioni. Le opere provengono da Musei, Fondazioni, gallerie e collezionisti di tutta Europa, oltre che dagli artisti stessi. Una riflessione sul soggetto oggi si confronta necessariamente, sul piano artistico, con la decostruzione del volto che si fraziona, si vela, si deforma, si cancella, opponendo resistenza ad ogni forma di identità univoca tra modello/figura, soggetto/immagine. La crisi del soggetto, ormai definitivamente minato nella sua unità e centralità, mette in gioco la possibilità stessa di avere o meno un volto. Ciononostante nelle ricerche degli artisti contemporanei il volto e le sue trasformazioni restano una tematica privilegiata, che trova espressione in mutate strategie di (auto)rappresentazione, in altri modi di riflettersi in uno o più volti.

2009. Julius Bissier. Der metaphysische Maler = pittore del metafisico

Il Museo Cantonale d’Arte a Lugano presenta una mostra monografica dedicata al pittore Julius Bissier (Freiburg im Breisgau 1893 – Ascona 1965), tappa finale di un importante progetto espositivo che ha visto coinvolti il Kunstmuseum Bochum (Germania) e il Museum Liner (Cantone Appenzello. Nella mostra emerge chiaramente come l’opera dell’artista tedesco abbia attraversato, in oltre 50 anni di attività, varie fasi formali, contraddistinte tuttavia da un tratto comune, una spiritualità in continua evoluzione, che ne ha profondamente segnato tutta la produzione artistica.

2009. Cesare Lucchini. was bleibt = quel che rimane = what remains

Il Museo Cantonale d’Arte riapriva al pubblico il 17 gennaio 2009, dopo i lavori di ristrutturazione, con un progetto espositivo dedicato a Cesare Lucchini, esponente di spicco della scena artistica ticinese. La mostra dal titolo “Quel che rimane”, realizzata in collaborazione con le Kunstsammlungen Chemnitz presenta circa 40 opere di grande formato, che documentano le fasi più recenti della ricerca dell’artista, restituendone la complessità dell’universo pittorico.

2008. Enigma Helvetia. Arti, riti e miti della Svizzera moderna

Enigma Helvetia è la prima mostra ideata e prodotta congiuntamente dal Museo Cantonale d’Arte e dal Museo d’Arte a Lugano quale primo evento del Polo Culturale che in tal modo prende avvio con un’iniziativa di carattere storico critico, compendiario e interdisciplinare. La mostra si articola sulle due sedi museali del Museo Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte di Villa Malpensata, proponendo lungo il percorso espositivo alcuni dei grandi temi presenti nella caleidoscopica realtà culturale svizzera in un’esplorazione curiosa, sorprendente e a tratti anche divertente dentro l’enigma elvetico.

2007. Luciano Rigolini. La forma dello sguardo

La mostra intendeva evidenziare i diversi aspetti di una ricerca che indaga l’identità stessa della fotografia attraverso un dialogo costante con la storia di questo media e con l’arte del XX secolo. Accanto alle fotografie direttamente realizzate dall’artista, i diversi capitoli che compongono la mostra si costituiscono attorno a serie di immagini di diversa natura – fotografie scientifiche o stereoscopiche e scatti di anonimi – che l’artista da anni raccoglie e colleziona. Queste fotografie, rielaborate attraverso specifici procedimenti di stampa, oppure semplicemente presentate in una cornice installativa, assurgono così ad una dimensione estetica che interroga le nostre modalità di percezione dell’immagine.

2007. Affinità e complementi. Opere dai musei svizzeri in dialogo con la collezione del Museo Cantonale d’Arte, Lugano

Inaugurato nell’autunno del 1987, il Museo Cantonale d’Arte festeggiava nel 2007 i vent’anni di vita. Per celebrare questa ricorrenza veniva proposta la rassegna ‘Affinità e complementi’, che costituiva una sorta di omaggio dei musei svizzeri nei confronti del principale istituto museale ticinese.
L’esposizione era costruita partendo da una selezione delle opere più significative della collezione, alle quali erano affiancate opere di grande valore provenienti dalle collezioni pubbliche più importanti della Confederazione, grazie al coinvolgimento di musei quali i Kunsthaus di Zurigo e Argovia, i Kunstmuseum di Basilea, Berna, Lucerna, Winterthur, Soletta e Coira, il Musée d’art et d’histoire, il Musée d’art moderne et contemporain e il Cabinet des estampes di Ginevra, il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna, il Zentrum Paul Klee di Berna e il Musée Jenisch di Vevey.

2007. Alexej von Jawlensky. Il valore della linea

Per la prima volta in Svizzera una mostra si propone di mettere in luce il significato e il valore del disegno nell’opera dell’artista russo Alexej von Jawlensky (1864-1941). Tra i pionieri della pittura moderna, amico di Paul Klee, Vassilij Kandinskij e Franz Marc, Jawlensky ha lasciato anche un cospicuo corpus di disegni. I nudi, i ritratti di persone a lui vicine e gli autoritratti offrono uno sguardo inedito sulla sua opera, nonché nuove prospettive di studio. Il raro talento pittorico di Jawlensky è già stato oggetto di diverse grandi mostre, tra cui quella alla Pinacoteca Comunale di Locarno nel 1989. Resta invece ancora da scoprire la sua poliedrica produzione di disegni, che apre nuove prospettive di studio sulla sua ricerca artistica.

2007. Davide Cascio. Rooms, Roses, Polyhedrons

Premio culturale Manor Ticino. La mostra presentava al pubblico una serie di opere recenti di questo giovane artista, nato a Lugano nel 1976, che negli ultimi anni si sta affermando come una delle figure più interessanti del panorama artistico ticinese. Quello di Davide Cascio è un lavoro complesso, ricco di rimandi e riferimenti al passato, all’interno di una riflessione in cui si intrecciano motivi tratti non solo dal mondo delle arti visive, ma anche dall’architettura, dalla letteratura, dalla filosofia, dal cinema.

2006. Massimo Cavalli. Retrospettiva

Il Museo Cantonale d’Arte a Lugano rende omaggio all’artista Massimo Cavalli (Locarno 1930), figura di spicco della generazione di artisti ticinesi affermatisi nella seconda metà del Novecento, con un’ampia mostra retrospettiva volta a delineare, attraverso oltre 300 opere, lo sviluppo della sua ricerca artistica, dall’inizio degli anni Cinquanta fino alle opere recenti. Tale ricerca è stata sempre caratterizzata da un’estrema coerenza al linguaggio pittorico di stampo informale, pur declinato nel corso degli anni con estrema originalità. Nell’ambito della ricca antologica viene attentamente indagata la produzione pittorica di Cavalli, mentre una sezione è dedicata alla sua opera grafica la cui intensità e i cui risultati non hanno nulla da invidiare all’opera maggiore. Un’ulteriore sezione presenta i disegni, che permettono di cogliere le sottili consonanze con l’opera pittorica.

2006. Che c’è di nuovo? Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino. Seconda rassegna triennale

Dal 21 maggio al 2 luglio 2006 il Museo Cantonale d’Arte ospitava la seconda edizione della rassegna Che c’è di nuovo? Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino. Istituita nel 2003 per favorire una maggior visibilità dell’arte contemporanea in Ticino, l’esposizione, che ha una cadenza triennale, si propone in primo luogo di fornire periodicamente al pubblico uno sguardo in presa diretta su quanto avviene in una scena artistica come quella emergente continuamente in evoluzione e in secondo luogo di offrire agli artisti l’occasione per far conoscere il proprio lavoro anche al di fuori dei confini cantonali.

2006. L’immagine del vuoto. Una linea di ricerca nell’arte in Italia

L’esposizione intendeva indagare i molteplici aspetti della rivoluzione linguistica attuatasi nell’arte in Italia a partire dalla fine degli anni Cinquanta. A tal fine, appariva irrinunciabile esplorare affinità, contaminazioni e contrasti tra il contesto sperimentale italiano – animato all’epoca da Fontana, Manzoni e Castellani – e Yves Klein, in quegli anni ‘attore’ ben presente a Milano, sia sul piano espositivo che nell’intensità dello scambio dialettico. L’obiettivo era quello di far emergere, attraverso la ricerca di artisti quali Lucio Fontana, Yves Klein, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Francesco Lo Savio, Gianni Colombo, Dadamaino, Giulio Paolini, Alighiero Boetti, Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Michelangelo Pistoletto, Gino De Dominicis e Ettore Spalletti una specificità tutta italiana, una linea sotterranea, quasi un’anomalia che percorreva in modo sottile questa linea di ricerca nel panorama europeo del secondo Novecento.

2005. Andrea Crociani. Premio culturale Manor Ticino 2005

Per la prima edizione ticinese, il premio è stato assegnato ad Andrea Crociani, che in occasione di questa esposizione ha presentato una serie di lavori realizzati negli ultimi anni. Nato a Mendrisio nel 1970, Crociani utilizza linguaggi artistici diversificati – installazione, video, fotografia – per indagare con rigore fenomenologico la realtà che lo circonda. Il suo lavoro, caratterizzato da un’estrema economia formale, si muove tra realtà sociali e culturali marginali, evidenziandone il carattere critico rispetto ai modelli dominanti.

2005. Una Venezia di carta. La città dei Dogi all’epoca di Canaletto e Tiepolo

La mostra proponeva 150 incisioni selezionate da una collezione privata, straordinaria per coerenza e qualità, interamente consacrata alla stampa nella Venezia del Settecento, momento di massimo fulgore dell’arte dell’incisione. In esposizione capolavori di artisti quali Canaletto, Tiepolo, Bellotto, Carlevarijs, Marieschi, Ricci e Longhi, e di nomi meno noti di pittori, architetti e scenografi attratti dal potere evocativo della Serenissima e altrettanto capaci di sollecitare la nostra attenzione Le stampe d’arte sono state il mezzo più importante per la conoscenza della Venezia settecentesca, contribuendo alla diffusione nell’Europa dei Lumi dell’immagine scintillante della Serenissima. Queste incisioni, che possono racchiudere la valenza di “cartoline” di lusso, vanno ben oltre la funzione meramente narrativa per acquisire la dimensione di opera d’arte a tutti gli effetti. La qualità dell’esecuzione, che si esprime nell’impianto complessivo, ma anche nella precisione del tratto e nell’abile dosaggio degli inchiostri, permette di ammantare le vedute, i capricci, le scene di genere che riproducono architetture, personaggi, usi e costumi di Venezia, di quella magia che da sempre caratterizza la città lagunare e che, in quegli anni che precedono l’invasione francese del 1797, raggiunge il suo apice.

2004. Les enfants terribles. Il linguaggio dell’infanzia nell’arte 1909-2004

Les enfants terribles focalizza un tema che ha profondamente interessato le Avanguardie Storiche: il disegno infantile quale manifestazione di una creatività libera da condizionamenti e sovrastrutture culturali alla quale guardare per liberarsi dalla tradizione. L’argomento, molto vasto e articolato, ha richiesto una definizione estremamente rigorosa del progetto per poter contenere entro limiti accettabili la mostra. Si è perciò deciso di concentrare l’attenzione sul confronto fra i linguaggi figurativi, cercando di porre in evidenza la presenza di forme debitrici del vocabolario infantile nell’arte moderna.

2003. Che c’è di nuovo?La scena artistica emergente in Ticino. Prima rassegna triennale

L’iniziativa muove dalla constatazione della scarsa visibilità dell’arte contemporanea nel nostro Cantone, soprattutto rispetto al resto della Svizzera, dove tradizionalmente l’impegno nella promozione degli artisti emergenti è più intenso e regolare. In Ticino, la mancanza di premi e di borse di studio riservati agli artisti, così come le ridotte possibilità di ottenere soggiorni in atelier all’estero, sono elementi che contribuiscono a rendere particolarmente arduo, per i giovani che si affacciano sulla scena artistica, divulgare il proprio lavoro. Nell’ambito delle attività promosse da un museo d’arte rientra anche la verifica in presa diretta di quanto accade nella contemporaneità. È stato così elaborato un progetto espositivo che ricalca il modello, diffuso soprattutto oltre Gottardo, delle Jahresausstellungen o Weihnachtsausstellungen: l’obiettivo è quello di proporre periodicamente una panoramica della produzione artistica recente nel Cantone Ticino. Non si tratta, dunque, di un’esposizione d’arte contemporanea ordinata da curatori che operano una lettura critica del presente selezionando in tal senso gli artisti, ma di un’ampia ricognizione della scena ticinese emergente. I 33 artisti presenti in mostra – uno spaccato rappresentativo anche se non certo esaustivo della realtà artistica ticinese – sono il risultato complessivo delle scelte dei singoli commissari, ognuno dei quali ha proposto tre nomi. Agli artisti invitati è stata offerta la possibilità di esporre da un minimo di due a un massimo di cinque opere, con la condizione che queste siano state realizzate negli ultimi tre anni.

2002. Arte Africana dalla Collezione Han Coray 1916-1928. Han Coray ritratto di un collezionista

La mostra Arte africana dalla collezione Han Coray 1916-1928, curata da Miklós Szalay, Direttore del Dipartimento Arte Africana del Völkerkundemuseum dell’Università di Zurigo, proponeva una selezione di oltre 200 straordinari esempi di scultura africana tradizionale, provenienti dall’Africa centrale e occidentale, soprattutto dallo Zaire e dalle etnie più rappresentative di zone culturalmente ed artisticamente importanti. Le opere furono acquistate da Han Coray principalmente durante la prima metà degli anni Venti su consiglio e presso il gallerista Paul Guillaume, che, nel periodo fra le due guerre, fu il maggior esperto europeo di scultura africana e divulgò attraverso scritti critici l’interesse per i valori estetici insiti nell’‘art nègre’. Contemporaneamente Guillaume consigliava e forniva opere d’arte africana al più grande collezionista americano Albert C. Barnes. L’insieme, sistematico e coerente, testimonia di un particolare collezionismo nato all’inizio del secolo scorso nell’ambito del clima culturale ed artistico delle avanguardie parigine. La collezione d’arte africana Han Coray è uno dei primi esempi europei di raccolta privata di questo genere, incentrata su valori estetici e non etnografici.

2002. Adriana Beretta. Air Maïl

L’universo artistico di Adriana Beretta è costituito da moduli che si ripetono, ritmi regolari con variazioni impercettibili, cicli ellittici e percorsi aperti senza inizio né fine ai quali è possibile aggiungere o sottrarre uno o più elementi senza che questi ne risultino alterati sostanzialmente. Nella sua opera l’estrema economia dei segni accentua il senso della ripetizione, domina l’adesione a una cifra che ricorre serialmente, il motivo si ripete fino a formare un ‘tessuto’ di elementi simili. Si afferma lo svolgimento di un percorso di ‘variazioni invariabili’ dove il medesimo elemento si trasforma nel colore o nell’inclinazione, ma rimane uguale nella sua essenza e nel suo valore. Le modalità operative dell’artista, al contatto con la realtà africana, restano fedeli a se stesse pur conoscendo una sorta di trasformazione. L’artista si guarda bene dal riportare nell’opera modelli che siamo abituati a riconoscere come influenze della cultura africana sul nostro patrimonio visivo, per questo dal suo lavoro è assente ogni retorica che celebri forme di alterità, esotismo o istintività. La sua originaria poetica non è stata alterata da questi incontri, che la arricchiscono di sollecitazioni culturali ‘altre’. Per questo, l’affezione, la sincera adesione alla vita africana non contaminata da linguaggi estranei, la mette nella condizione – difficile da perseguire, ma perfettamente riuscita – di far proprio un altro mondo attraverso il filtro della propria cultura. Adriana Beretta è nata a Brissago e vive a Bellinzona. Ha esposto in Svizzera e Italia in diverse mostre organizzati da spazi pubblici. Fra di esse meritano di essere ricordate la personale del Museo Cantonale d’Arte di Lugano (1992) e la partecipazione a collettive prestigiose alla Shedhalle di Zurigo (1986), al Centro d’Arte Contemporanea di Kiew in Ucraina (1994) e allo Spazio K. Adamopoulos di Francoforte (1996). Sue opere fanno inoltre parte della collezione di Swisscom, del gruppo IBM, di Rentenanstalt, del Credito Svizzero, della UBS, della SSIC (Società Svizzera Impresari Costruttori) e del Fondo Comunale Carlo Cotti di Lugano. Inoltre dipinti e installazioni dell’artista fanno parte della collezione del Museo Cantonale d’Arte.

2002. L’immagine ritrovata. Pittura e fotografia dagli anni Ottanta ad oggi

L’esposizione indagava i rapporti e le reciproche influenze tra ricerca pittorica e fotografica negli ultimi vent’anni. Il progressivo intensificarsi degli scambi fra i due ambiti ha infatti prodotto opere nelle quali l’identità stessa dell’immagine si è fatta sempre più ambigua. Mentre la pittura, anche attraverso il filtro della fotografia, ha superato il tabù della figurazione, centrale nell’estetica del modernismo e si è riappropriata del soggetto, la fotografia, da parte sua, ha sondato nuove vie, adottando temi iconografici che appartengono alla tradizione pittorica. Questo continuo attraversamento dei confini tra i diversi linguaggi e il conseguente sovvertimento dei codici ha generato negli anni recenti uno stimolante dibattito attorno alla natura stessa dell’immagine contemporanea. Muovendo da premesse riconducibili alle esperienze pop, concettuali e all’iperrealismo degli anni Sessanta e Settanta – volte ad illustrare atteggiamenti che si riveleranno fondamentali per gli sviluppi successivi – l’esposizione proponeva un ampio confronto che si estende fino all’arte attuale.

2001. Da Kandinsky a Pollock. La vertigine della non-forma

Il Museo Cantonale d’Arte presentava un’esposizione volta ad indagare – attraverso le opere di alcuni protagonisti del XX secolo – il superamento del concetto tradizionale di forma nella cultura artistica occidentale. Risulta infatti sempre più evidente, in una considerazione storica dell’evoluzione dell’arte, come molti artisti abbiano saputo rinnovare radicalmente il senso e le modalità espressive della pittura assumendo, quale elemento centrale della loro dimensione estetica, una messa in questione del valore della forma. Per l’esposizione sono stati riuniti oltre cento dipinti e opere su carta, provenienti da una sessantina di prestatori fra musei, fondazioni, gallerie e collezionisti privati, selezionati secondo un criterio tendente a illustrare le fasi successive dell’elaborazione formale dei singoli artisti, attraverso opere inedite o poco note alle quali vengono affiancate opere universalmente note. La mostra si apriva con capolavori di Kandinsky, Klee e Prampolini realizzati attorno al 1914, rappresentativi delle fondamentali riflessioni di questi artisti sulle potenzialità espressive di forma, colore e materia. A essi facevano seguito una serie di straordinari lavori di Fautrier, Hartung, Dubuffet, Fontana e Miró degli anni Venti e Trenta, dipinti e disegni, sovente di dimensioni contenute, attraverso i quali gli artisti introducono, con grande anticipo, talune soluzioni formali che diverranno fondamentali nella definizione di una nuova spazialità e di un nuovo rapporto con la materia pittorica. La sezione principale della mostra si estendeva sino alla fine degli anni Cinquanta, con opere di Fautrier, Wols, Dubuffet, Hartung, Hofmann, Tápies, Michaux, Pollock, De Kooning, Kline, Gorky, Tobey, Sam Francis, Rothko, Mathieu, Bryen, De Staël, Fontana, Burri, Capogrossi, Vedova e Morlotti. Infine un corollario presentava cinque importanti artisti svizzeri contemporanei: Cavalli, Iseli, Klotz, Rollier e Schaffner.

2001. La donazione Sergio Emery

L’artista Sergio Emery ha donato venti opere, dodici dipinti e otto disegni realizzati fra il 1987 e il 2001, al Museo Cantonale d’Arte. Grazie a questa generosa Donazione dell’artista è stato possibile completare il nucleo già presente in seno alla Collezione del Cantone e del Museo, realizzando così un insieme realmente significativo e rappresentativo di tutto il percorso creativo dell’artista elaborato in sperimentazioni assolutamente personali, improntate a linguaggi diversi, dove convivono astrazione e figurazione. Sovente organizzati per cicli tematici, i suoi dipinti rivelano un legame costante con la realtà. Essi rimandano infatti alle riflessioni e alle preoccupazioni dell’uomo contemporaneo nel rapporto con la natura, l’ecologia e l’artificiale, tradotti con grande sensibilità dall’artista in termini pittorici e segnici. In occasione della mostra la collana edita dal Museo Sguardi sulla Collezione – dedicata allo studio e alla presentazione del patrimonio artistico del Cantone – si arricchisce di un nuovo volume, il terzo, dedicato alla presentazione della Donazione. Un testo critico di Claudio Guarda accompagna le illustrazioni delle opere.

2000. César Domela. La forma dell’equilibrio

Il Museo Cantonale d’Arte, dopo le mostre dedicate a Sophie Taeuber-Arp, Lyonel Feininger, Oskar Schlemmer, Florence Henri, Fritz Glarner e Wassily Kandinsky, presentava, in occasione del centenario della nascita, un’esposizione che ripercorreva il suo vasto e ricchissimo universo creativo, dagli esordi ad Ascona nel 1920, rappresentati in mostra dal paesaggio del 1922 vicino al cubismo sintetico, fino alle opere realizzate negli ultimi anni della sua vita. Grazie al sostegno dell’Archivio Atelier Domela è stato infatti possibile riunire – integrando altri prestiti da collezioni pubbliche e private – un corpus di opere in grado di illustrare l’evoluzione del linguaggio dell’artista. Nell’esposizione – curata dal Direttore del Museo Cantonale d’Arte Marco Franciolli, e da Alberto Ronchetti e Giovanni Battista Martini – si potevano ammirare una sessantina di reliefs, dalle opere giovanili, dove è ancora presente un linguaggio neo-plastico, fino alle ultime realizzate negli anni Ottanta che rivelano il perdurare della straordinaria vitalità creativa dell’artista.

1999. Fotografie in una collezione privata

Fernando Garzoni, collezionista, abile fotografo, appassionato d’arte e mecenate cominciò ad acquisire opere nel 1982 e costituì ben presto un importante corpus di lavori.Artisti come Richard Avedon, Wynn Bullock, Bill Burke, Marshal Lynn Burns, John Cohen, Linda Connor, Robert Frank, Louis Faurer, Flor Garduño, Emmet Gowin, Irning Penn, Rosamond Wolff Purcell, Robert Rauschenberg, Jacques Ronny, Ilahi Fazal Sheikh, Doug & Mike Starn, Fred Stein, Paul Strand e Joel Peter Witkin divennero preziosi riferimenti per il collezionista che sviluppò un intenso rapporto di amicizia e di scambio intellettuale con alcuni di loro. Importante insieme della sua collezione è quello relativo alle fotografie dei Nativi del Nord America. Su questo tema Fernando Garzoni aveva raccolto un ampio ventaglio di fotografie effettuate da autori tra i più famosi al mondo come Edward S.Curtis, Frank A. Rinehart e Frank Bennet Fiske ma anche, negli ultimi tempi, di giovani fotografi contemporanei quali Daniel J. Dennehy, Salvatore Mancini, Toba Tucker, Don Doll, Thomas Lindfors, David M. Kennedy. Il rigore delle scelte artistiche unite alla passione personale di Fernando Garzoni determinano una precisa fisionomia della collezione che, nello spaziare tra le figure piû significative della fotografia del ventesimo secolo, si sviluppa secondo linee ben definite. Il ritratto, l’esplorazione di luoghi geograficamente remoti divengono spesso soggetti ideali per indagare l’individuo, vinto in una complessità di gesti, ritualità e comportamenti che ne svelano l’identità più nascosta. Quella di Fernando Garzoni si colloca sicuramente tra le più complete e significative collezioni private di fotografia a livello svizzero.

1999. Il giovane Borromini. Dagli esordi a San Carlo alle Quattro Fontane

La mostra celebrava il grande architetto ticinese Francesco Borromini nel IV centenario della nascita. In considerazione anche della sua origine da Bissone, l’esposizione focalizzava l’opera giovanile di Borromini estesa fino alla realizzazione di San Carlo alle Quattro Fontane. Le ricerche degli studiosi implicati nella mostra hanno permesso di approfondire la fase formativa di una personalità così complessa, ricca e innovativa, indagando su basi nuove l’elaborarsi di una fisionomia architettonica rivoluzionaria. L’esposizione ha voluto mettere in luce chi fosse realmente, fra i vari Castelli operanti a Milano, Francesco Castelli detto Borromini. Il periodo è risultato quindi fondamentale per l’esposizione. Oltre a privilegiare lo studio dei parametri culturali, delle ascendenze e della cultura architettonica da cui si origina il linguaggio di Borromini, la mostra ha presentato quel contesto operativo entro il quale si iscrivono i suoi interventi giovanili e che riguarda tanto l’organizzazione dei nuclei familiare che compongono le maestranze ticinesi nei vari cantieri milanesi e romani coevi, quanto il problema della formazione dell’architetto nei suoi rapporti tra cantiere e Accademia. La mostra ha compreso disegni, dipinti, acquerelli e stampe, modellini e calchi, presentati in un allestimento curato dall’architetto Mario Botta, teso a rendere evidente il genio creativo di Francesco Borromini.

1998. Rabisch. Il grottesco nell’arte del Cinquecento. L’Accademia della Val di Blenio. Lomazzo e l’ambiente milanese

Con la mostra Rabish (arabeschi), il Museo esplora l’ambito della produzione profana nell’arte del Nord Italia, in particolare lombarda, della seconda metà del XVI secolo. Partendo dalle teste grottesche di Leonardo da Vinci e da disegni e spampe caratteristici di un gusto per il realismo grottesco, la mostra giunge fino a Caravaggio, ponendo in luce un contesto artstico-culturale indispensabile per comprendere la formazione della pittura di genere italiana e l’affermarsi della pittura dello stesso Caravaggio. Lo spunto dell’esposizione è fornito da un documento di eccezionale importanza per l’arte e la cultura milanesi, cioè un’antica raccolta a stampa in dialetto lombardo, intitolata appunto “Rabisch”, testimonianza diretta di un’Accademia (chiamata della Valle di Blenio) fondata a Milano attorno al 1560. La mostra presenta dipinti, disegni e stampe, arti decorative (arazzi, cristalli, monete, armi, cammei), sculture, libri e manoscrittu. Oltre alle opere del già citato Leonardo da Vinci, erano presenti opere anche di: Caravaggio, Leonardo da Vinci, Gian Paolo Lomazzo, Arcimboldo, Luini, Brambilla, Campi, Passerotti, Frangipane e i nordici Aersten, Beuckelaer, Massys e J.Van Hemessen. Per la scultura e le arti decorative Jacopo da Trezzo, Saracchi, Miseroni, Piccinino.

1997. The Panza di Biumo Donation to the Museo Cantonale d’Arte

1997. Fragile. 18 giovani artisti da e per tre regioni europee

La mostra è stata presentata nel periodo novembre 1997-febbraio 1998. L’esposizione è stata progettata ed ideata dal Museo Cantonale d’Arte ed è stata presentata in seguito nelle altre regioni degli artisti esposti: il Nord-Pas de Calais, con il Musée des Beaux Arts di Tourcoing, la regione di Liverpool, in collaborazione con il Visionfest (festival delle arti visive). La selezione degli artisti, effettuata dai curatori delle tre regioni, ha privilegiato un insieme il più possibile rappresentativo della diversità nelle poetiche e nei mezzi espressivi utilizzati dagli artisti (pittura, scultura, installazione, disegno, fotografia, video). Nella geografia artistica europea si possono osservare delle fasce di appartenenza alle diverse identità culturali. Queste tendono sempre più spesso a fondersi generando nuove soluzioni formali nelle quali si possono reperire elementi di derivazione extraeuropea. Nella mostra è stata riservata un’attenzione particolare a queste forme nelle quali è particolarmente evidente. In tal senso, Fragile ha messo a confronto le ricerche estetiche più recenti di artisti che, pur lavorando in aree geograficamente definite, sanno elaborare opere che ne travalicano i confini.

1995. Livio Bernasconi. Retrospettiva

L’esposizione è stata presentata dal novembre 1995 a fine gennaio 1996. Una sessantina di opere di grande formato ed alcuni bozzetti hanno rappresentato la prima retrospettiva dedicata all’artista ticinese Livio Bernasconi. La scelta delle opere esposte hanno coperto tutto il percorso pittorico dell’artista dagli esordi fino ad oggi ed è stata occasione di conoscenza e approfondimento di un frammento importante del panorama artistico contemporaneo ticinese.

1994. Museo Cantonale d’Arte Lugano

1994. J.B. Camille Corot. Un sentimento particolare del paesaggio

Il Museo Cantonale d’Arte con questa esposizione ha voluto rendere omaggio al grande artista francese Jean-Baptiste Camille Corot considerato il maggior paesaggista dell’Ottocento. A due anni dal duecentesimo della nascita dell’artista il Museo ha concepito una mostra dal carattere intimistico che tende a mettere in luce il rapporto personale, spirituale, e segreto che Corot intratteneva con la natura e il paesaggio. Una significativa scelta di dipinti, una trentina di preziosi disegni e la quasi totalità dell’opera grafica di Corot ruotano in mostra attorno al quadro ‘Les Baigneuses de Bellinzona. Effet du soir’, proveniente dal Museo del Louvre, realizzato verso il 1855 sul filo del ricordo di un soggiorno nella regione dei Laghi. Sin dagli esordi Corot è rimasto fedele al principio del ‘plein air’, caratteristico dell’Ottocento, che ha portato l’artista ad uscire dello studio privilegiando il rapporto diretto con la natura. Il viaggio in Italia dal 1825 al 1828 è stato il primo di una lunga serie che lo ha visto in numerosi paesi. Anche la Svizzera è stata fra le mete predilette da questo importante paesaggista che nella natura trova la principale fonte d’ispirazione. Le opere scelte dall’esposizione hanno rivelato, nell’approccio intimistico del soggetto, sorprendenti intuizioni pittoriche.

1994. Domenico Trezzini e la costruzione di San Pietroburgo

L’esposizione è stata presentata nel periodo tra novembre 1994 e febbraio 1995. Essa ha illustrato attraverso una fitta documentazione storico-artistica l’eccezionale apporto dell’architetto Trezzini, una delle figure più significative dell’emigrazione artistica ticinese in Russia, incaricato da Pietro il Grande di panificare e di edificare la città di San Pietroburgo. Nell’ambito dell’esposizione è risultato fondamentale il capitolo dedicato a Pietro il Grande. Proclamato Zar nel 1682, egli occupa un posto essenziale nella storia nazionale russa soprattutto quale artefice della trasformazione del regno moscovita in un grande Stato moderno aperto all’Occidente. L’esposizione si è inserita all’interno di un progetto più ampio riguardante ‘Il Ticino e San Pietroburgo’ che ha coinvolto, oltre al Museo Cantonale d’Arte, la Fondazione Galleria Gottardo e il Museo del Malcantone.

1990. Fiorenza Bassetti. Fiore e computer

Il Museo Cantonale d’Arte ha inaugurato il programma espositivo 1990 con una presentazione degli ultimi lavori di Fiorenza Bassetti. Dopo Rigassi e Snozzi è il terzo appuntamento con l’arte ticinese contemporanea, dedicato questa volta a una donna e a una produzione artistica che spazia in campi operativi diversi: dalla pittura alla fotografia, dalla computer art all’incisione. La mostra privilegia due temi costanti nella ricerca artistica di Fiorenza Bassetti: il fiore e l’autoritratto. Privati di ogni sovrastruttura metaforica sono innanzitutto dei pretesti per sperimentazioni di ordine espressivo e formale. Infatti la rappresentazione di questi due temi è da intendere quale riflessione sull’idea di fiore e di ritratto nelle loro numerose sfumature. In pittura la base linguistica è un astrattismo incondizionato, compreso fra libertà informale e figurazione gestuale; nell’incisione è un segno calligrafico essenziale, una grafia immediata.

1990. Fausto Gerevini. Fotografie 1988-90

L’esposizione è stata presentata nel periodo dicembre – gennaio 1990-1991. Essa ha compreso una quarantina di fotografie in bianco e nero appartenenti al ciclo tematico dedicato all’acqua e al fuoco, tema questo che ha occupato Gerevrini a partire dal 1985 e di cui il Museo ha proposto una panoramica degli ultimi tre anni di attività dell’artista. Il lavoro di Fausto Gerevrini è caratterizzato dalla coerenza stilistica: formato quadrato sempre identico di cm 33×33, stampa dell’intero negativo e assenza di qualsiasi manipolazione in fase di stampa, a parte alcune minime mascherature delle parti chiare. Il primo elemento che colpisce nelle sue fotografie è la luce: essa ne costituisce sempre il punctum. Ciò che rende affascinanti le immagini di Gerevrini è la loro duplice ambiguità: la prima confonde i piani, le distanze, l’alto e il basso. Quando infine l’occhio riesce ad organizzare lo spazio, un altro tipo di ambiguità turba l’osservatore per la relazione con cui vengono posti gli elementi primari: l’acqua, ignifugo per eccellenza, si fa accarezzare dal fuoco. Dove altri userebbero questi effetti per sorprendere, Fausto Gerevrini interviene in modo suggestivo per creare un universo crepuscolare in cui acqua-fuoco, caldo-freddo, notte-giorno sono colti al momento del loro incontro e finalmente, si fondono.

1990. Fausto Melotti

L’opera di Fausto Melotti, conosciuto soprattutto in Italia e Germania, riveste una posizione particolare e piuttosto solitaria nella storia della scultura moderna, intimamente associabile all’immaginario creativo e all’inventività feconda di artisti quali Klee, Mirò, Arp, Oppenheim. Il Museo Cantonale d’Arte presenta una selezione di opere datate dal 1934 al 1984 rappresentative dei momenti principali dell’attività scultorea di Melotti, accompagnate da alcuni disegni e rilievi relazionati tematicamente o cronologicamente ai lavori esposti. Una scelta di fotografie di Ugo Mulas ha approfondito ulteriormente in modo significativo lo sguardo e il confronto con l’universo melottiano.

1989. Sophie Taeuber-Arp 1889-1943. Nel centenario della sua nascita

Questa esposizione è stata organizzata nell’anno 1989 per rendere omaggio all’opera di un’artista che a lungo è stata oscurata dalla fama del marito, ma che oggi è riconosciuta in tutta la sua unicità. Sophie Tauber non ha assistito al riconoscimento ufficiale dell’arte moderna, dato che è solo nel 1946, cioè tre anni dopo la sua morte, che l’Allianz, l’associazione degli artisti moderni svizzeri, è stata invitata ufficialmente a partecipare ad una esposizione d’arte nazionale. Sophie Taeuber è una figura centrale nell’arte moderna svizzera e internazionale, e rappresenta l’apertura, l’universalità del movimento moderno e il suo sogno di fondere vita e arte. Per questo motivo Il Museo Cantonale ha voluto dedicare un’intera mostra all’artista che ha influenzato insieme ad altri la storia dell’avanguardia artistica svizzera.

1989. Pier Francesco Mola 1612-1666

Organizzata dal Museo Cantonale d’Arte in occasione del centenario di fondazione della Società Ticinese di Belle Arti, la grande mostra dedicata a Pier Francesco Mola è stato un evento significativo in quanto si trattava del primo studio documentario completo dell’opera del Mola disegnatore, pittore e fresante, aggiornato agli ultimi dati critici. Queste tre parti espositive sono state confrontate con le sezioni relative ai contesti ticinese e romano. L’esposizione, costituita da dipinti e disegni provenienti dai maggiori musei americani, europei e russi e che in seguito è stata presentata ai Musei Capitolini di Roma, ha rappresentato un impegno molto grande svolto dal Museo Cantonale d’Arte.

1989. Sigismund Righini

Questa esposizione è stata organizzata nell’anno 1989. Con essa il Museo Cantonale d’Arte ha voluto rendere omaggio ad uno dei protagonisti della svolta decisiva per l’arte svizzera a cavallo dei due secoli. Sigismund Righini è presente nella Collezione permanente del Museo, ma con questa sintesi espositiva si è voluto mettere in luce le coordinate principali di un contesto artistico e culturale dal quale Righini ha attinto in un rapporto biunivoco di interscambio la sua arte. Nell’esposizione sono stati presentati i suoi schizzi che mettono in luce il suo talento e la sua maestria, fino al punto di porsi al di sopra dei suoi dipinti innovativi. La mostra è stata possibile grazie alla disponibilità della signora Hanny Fries, nipote dell’artista, e dell’Archivio Righini, del Kunsthaus di Zurigo e del Cantone Zurigo.

1989. Reto Rigassi. Movente-luce

L’esposizione è stata presentata nel periodo tra marzo e aprile 1989, a due anni dall’apertura del Museo. Con essa il Museo a voluto rendere omaggio a Reto Rigassi, un’artista la cui opera ha un aspetto fruitivo che si concepisce in genere per una temporalità idealmente dilatata all’infinito. L’opera di Rigassi si situa nell’ambito del recupero di un surreale preistorico fatto di immersioni materiche, simboliche purificazioni e allusioni ad antichi esoterismi. L’universo creativo di Rigassi è orientato ad un sistema comunicativo il cui scopo è quello di cogliere la semiotica più mistica della materia. 

1989. Nando Snozzi 1987-1989

L’esposizione è stata presentata nel 1989 per dare spazio all’espressione più attuale dell’arte. Le opere esposte sono state quelle eseguite da Snozzi nel periodo 1987-1989. Queste opere illustrano una Grande Favola ambientata in un luogo dove non esistono segni di riferimento per alcun genere di vita. Sono stati presentati dipinti, acquerelli e sculture-pitture dell’artista che accomuna una duplice formazione all’Accademia di Brera e all’Università di Paris VIII. Dai primissimi lavori risalenti al 1973-1974 emerge un universo pittorico di matrice espressionista su cui s’innesta un’origine surreale. Questa caratteristica ripercorre tutto il percorso artistico di Snozzi che ritrova nelle sue opere il tema dell’uomo che diventa animale. Tra le figurazioni da le proporzioni diverse che occupano interamente l’opera con vari frammenti narranti una storia. Il racconto è però sempre subordinato alle esigenze pittoriche: richiami cromatici, diversi piani di profondità e contrasti.

1988. Flavio Paolucci. Opere 1956-1983

Con questa mostra il Museo Cantonale d’Arte ha voluto rendere omaggio a Flavio Paolucci, un artista che ha vissuto il suo esordio in un periodo (1956-1958) in cui l’arte viveva una crisi profonda. Forse è proprio questa condizione di transizione dell’arte che ha portato al il giovane Paolucci una carica di stimoli, interessi e disorientamento. L’artista infatti ha vissuto in un periodo di molteplicità e differenziazione delle proposte, delle tendenze e dei movimenti artistici. Sono queste le questioni che hanno agitato e incitato il lavoro Paolucci, un lavoro all’insegna della ricerca di quella dimensione che ha fatto della relazione artista-natura-opera il nucleo da indagare e approfondire. L’esposizione ha permesso uno sguardo d’insieme che ha portato ad intuire come l’opera di Paolucci sia di grande unità e si svolga nei suoi vari momenti attraverso cicli solo apparentemente slegati. La mostra è stata la prima in Ticino dedicata all’arte di Paolucci, un artista che ha saputo aprire il Cantone Ticino al dialogo Nord- Sud. 

1988. Oskar Schlemmer. Les Noces. Scenografie, acquerelli, disegni, documenti per la musica di Igor Strawinsky

‘Les Noces’ propone la narrazione cantata e danzata dell’antico rituale russo legato alla celebrazione delle nozze contadine. Fu il direttore d’orchestra tedesco Hermann Scherchen a proporre al pittore tedesco Oskar Schlemmer il progetto della rielaborazione scenica del brano di Strawinsky. I due artisti si ritrovarono così ad Ascona nel 1927 per realizzare l’opera. Questa esposizione, organizzata nel 1988, ha mostrato, oltre al materiale autografo di Schlemmer, lettere e documenti dispersi in diversi musei e biblioteche europee, le riproduzioni delle partiture originali de ‘Les Noces’ ed un insieme di ritratti di Strawinsky realizzati da Robert Delaunay, Michail Larionow, René Auberjonois, Léon Bakst e Francesco Cangiullo. Questa mostra è stata quindi una importante testimonianza dell’opera artistica che ha accompagnato ‘Les Noces’ al culmine del periodo che la critica definisce ‘il periodo russo di Strawinsky’.

1988. Monico. L’opera incisa

L’esposizione, organizzata nel 1988, secondo anno di apertura del Museo, propone lo studio di approfondimento di Jean Soldini sull’opera di Monico. La catalogazione rigorosa e puntuale di trecentoquaranta fogli d’incisione è preceduta da un saggio le cui riflessioni approfondiscono la conoscenza della tecnica di Monico. Essa avviene attraverso i nove legni esposti nel ‘preambolo’. L’artista ha inciso soprattutto tavole di legno, usando la sgorbia triangolare all’inizio e in seguito, anche il bulino. Astrazione, individualità e universalità, ricomposizione e disintegrazione, chiusura e apertura sono tutti bipolarismi che hanno determinato l’evoluzione dell’arte incisoria di Monico seguendo naturalmente delle corrispondenze fra gli inizi e gli stadi più maturi.

1987. Il Ticino nella pittura europea

L’esposizione “Il Ticino nella pittura europea” è stata realizzata nel periodo tra il 12 settembre e il 15 novembre 1987, anno di apertura del Museo, e ha compreso centocinquanta opere rappresentanti il tema del paesaggio ticinese e delle zone limitrofe del nord Italia e della Svizzera italiana eseguite da sessanta artisti. La mostra ha fornito un’ampia panoramica del vasto apporto che la pittura europea ha dato a questo argomento dalla fine del XV secolo al XX secolo. Il Ticino rappresenta da sempre una zona d’incontro tra Nord e Sud e beneficia, anche dal punto di vista artistico, di questa privilegiata posizione strategica, infatti, soprattutto dalla fine del XVIII secolo, la regione viene attraversata e indagata da artisti illustri. In questa occasione erano esposti: Im Goff, Merian, Leucht, Schnellenberg, Koller, Hess, Lory, Erscher, Birmann, Labhard, Wolf, Turner, Corot, C. Amiet, G. Giacometti ed altri ancora. 

1987. Il Museo Cantonale d’Arte. Dalla genesi alla realizzazione